Posted by on 27 ottobre 2014

 
 
 

10704270_668257146624698_8504223105314530683_o

Storie di DONNE

Voi pensate che 7milamiglia sia un viaggio alla scoperta dell’umanità, di quello che mangia e delle sue abitudini, a tavola e fuori. Lo pensate e fate bene. E’ quello che è. Ma solo in parte.

Il resto, quello non scritto, non visto, è racchiuso in un foglietto di quelli che devi compilare alla dogana e che ti chiede di dire dove andrai, cosa farai, perché. Un foglietto su cui noi, ormai già sette volte, abbiamo scritto “In transito”.

Perché è quello che siamo. Cariche di zaini, macchine fotografiche, computer, i bagagliai stipati e le auto trasformate in seconde case. Da un posto all’altro, di corsa, sulle autostrade lisce e le vie sconnesse. In transito, da un mese ormai.

Le mani sul volante, i piedi sul cruscotto, i cuscini sui sedili dietro.

E l’incognita, ogni volta che ti fermi a sgranchirti le gambe, di che temperatura troverai una volta aperta la portiera. Dal freddo dei paesi in quota, al caldo terrificante delle ultime ore nicaraguensi. Ogni volta che apri la portiera pronta a metterti la maglia termica sopra la canottiera, a toglierti i pantaloni lunghi perché dai 15 gradi di tre ore prima si è passati a quasi quaranta, a sostituire le infradito con scarpe e calze felpate.

E c’è un’altra cosa che ignorate.

7milamiglia non è il viaggio di sei persone. Nel suv e nel pick up siamo molti di più.

Ci sono Giuseppe e Tony, i gps.

C’è Ramona, il navigatore.

Ci sono le temibili ricetrasmittenti, equipaggiamento degno di un James Bond postmoderno.

Ci sono i fili. Più temibili delle ricetrasmittenti. Fili che ricaricano tutti i suddetti marchingegni da una centralina incastrata sotto il sedile del passeggero. Fili che riescono a ingarbugliarsi tra di loro e intorno alle tue caviglie nel raggio di due chilometri senza lasciarti nessuna possibilità di movimento che non includa un corto circuito.

E’ un viaggio affollato, quello di settemilamiglia.

Adesso unite le due cose. Il transito impazzito e il sovraffollamento.

Questo il risultato.

Situazione standard A.

Arrivo in dogana. Si scende dall’auto.

-“Chi ha preso le chiavi della macchina?”

– “Passaporti? Li abbiamo tutti?”

– “I documenti sono a posto?”

– “Avete messo in carica il navigatore?”

-“Qualcuno ha visto il mio cellulare?”

– “A chi ho prestato la pinzetta per le sopracciglia?”

– “Di chi sono questi calzini?”

Ogni domanda, normalmente, presuppone tre minuti di panico intenso, un minuto di riflessione agitata, due di rovesciamento del contenuto dell’auto, altri due per tornare ad un battito cardiaco normale per la presa di coscienza dello scampato pericolo.

Situazione standard B.

Le sei donne e le temibili ricetrasmittenti.

– “Pronto pronto, mi sentite? Passo”

Niente.

– “Donne, mi sentite, passo?”

Ancora niente.

“Pick up nero necessita di comunicare con suv bianco, passo”.

Nulla assoluto.

A quel punto si inizia a girare le rotelline, cambiare le frequenze, tentare sorpassi e accostamenti, fare gli abbaglianti, suonare il clacson.

Il Suv bianco, a quel punto, accosta a bordo strada, pronto a raccogliere una comunicazione della massima importanza.

Le portiere si aprono. Dal pick up esce una testa: “Scusate, dobbiamo fermarci a fare la pipì”.

James Bond post moderne, ma pur sempre donne.

Che ve lo dico a fare.

Situazione standard C.

Le sei professioniste e la necessità di lavorare in auto.

Essendo un transito impazzito, il nostro, è inevitabile dover scrivere, montare video, scaricare foto, dai sedili delle auto.

A quel punto ti trovi, e se la strada è una versione on the road del groviera rende meglio l’idea, con il computer sulle gambe.

A livello della rotula il gps che lampeggia. Incastrata sotto il sedere la ricetrasmittente. Sulla mezza gamba libera, in bilico, il navigatore. In una mano un sacchetto di patatine.

Il driver, a quel punto, è inevitabile, ti dice.

– “Scusa, controlleresti sul navigatore quanto manca alla deviazione?”.

Controlli, e rovesci il computer e dieci patatine.

– “Scusa, mi metteresti in carica il telefono?”

Metti in carica il telefono, sradichi il gps, rovesci venti patatine.

– “Scusa, prendi la radiolina e dici alle altre di accostare?”

Prendi la radiolina, la radiolina non va, estirpi il telefono dal caricatore, rovesci mezzo pacchetto di patatine.

– “Scusa, mi daresti una patatina?”

Inutile dirlo. Le patatine sono finite, non hai scritto ancora una riga, le radioline le ritroverai il giorno dopo, il gps pure, i nervi chissà.

E tutto questo, ogni volta, ad ogni fermata. In un viaggio che un transito lungo 7milamiglia.

(team 7milamiglialontano)

web: 7milamiglialontano.com

web: 7milamiglialontano.org

10669246_668257079958038_1417240685225431969_o

10669253_668257056624707_6700806837481792179_o

10682406_668257113291368_7537705702424519732_o

10708595_668257069958039_7045304003511972091_o

Posted in: SCRITTURE