Posted by on 24 giugno 2014

 
 
 
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Maurizio Taioli

Un santo umano non umano: San Sebastiano

di Maurizio Taioli

E’ davvero possibile che nella società contemporanea gli esseri umani (si) siano ridotti a meri consumatori, numeri da conteggiare nei sondaggi, massa inconsapevole su cui spalmare i riflessi negativi delle più subdole speculazioni finanziarie?

Su tali quesiti si accaniva già la mente di un grande intellettuale del secolo che fu. Le Pagine corsare di Pasolini si interrogavano, infatti, su quanto i compratori di beni superflui fossero “irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel volere lo «sviluppo» (questo «sviluppo»)”, inteso come crescita commerciale infinita, che portasse ad una “promozione sociale e liberazione – sempre Pasolini – con conseguente abiura dei valori culturali che avevano loro fornito i modelli di «poveri», di «lavoratori», di «risparmiatori», di «soldati», di «credenti».”

In antitesi con il modello consumistico, oggi dominante, è l’“umano non umano”, direbbe Mario Schifano, ovvero l’incarnazione del Santo. L’agiografia pullula di eroi privatisi, per scelta, dei beni materiali talvolta cospicui, per accogliere nelle proprie braccia Sorella Povertà. Tra tutte, la più rappresentativa è forse quella di San Sebastiano, soldato e credente, al punto di dare la vita per la Fede, nonché per la fiducia in un ideale, quello dell’amicizia, restando impassibile di fronte all’abiura sociale, anticamera però dell’ascesa celeste.

Secondo le cronache, da comandante dell’esercito di Diocleziano, Sebastiano di Narbona finì i suoi giorni nelle più infime fogne, con l’accusa di aver difeso due cristiani. Martirizzato non una, ma ben due volte (a guarirlo dalle piaghe fu sant’Irene), Sebastiano rappresenta l’icona della passione per eccellenza, dopo quella cristologica. Non a caso una delle più celebri flagellazioni di Gesù della storia dell’arte, ad opera di Piero della Francesca, è assimilabile all’iconografia del Santo martire. Entrambe le figure sono ritratte nude, salvo un piccolo panno ai fianchi, le mani legate a una colonna, inermi l’uno alla sferza, l’altro alla pioggia di frecce che lo trafiggono.

Non a Piero della Francesca, ma ad altri noti maestri del Rinascimento, del Manierismo e del Barocco ho deciso di ispirarmi per questa serie di d’après, da Botticelli, Mantegna, Antonello Da Messina, Perugino, fino alle successive interpretazioni di Rubens, Guido Reni, Mattia Preti. Un richiamo biblico l’ho cercato anche nel “sette”, numero delle mie tele di grandi dimensioni, che ho raggruppato sotto un titolo complessivo di A e per San Sebastiano.

Dalla sintesi del contesto circostante – un rudere, un bosco, una città – negli acrilici su tela prevale il corpo del Santo, a grandezza naturale (ciascuna tela è alta 2 metri). Avulso da uno sfondo realistico e temporale, Sebastiano diviene il martire di ogni epoca, luogo e colore. Il viraggio cromatico elimina l’ulteriore dettaglio anatomico, senza, tuttavia, sminuire l’avvenenza del corpo del Santo, su cui geni di tre secoli di pittura hanno profuso la loro perizia.

L’alterazione sottolinea quindi il distacco dall’umano, trasfigurando Sebastiano nell’eterna sfera dei cieli. Resta una bellezza evidente nelle linee sinuose, in questo caso non vacua ricerca narcisistica, ma riflesso dello splendore dell’anima, che unita al corpo rivela l’indissolubilità di due doni tangibili della divina provvidenza.

Opere :

  • Da Rubens, 2011-2012, acrilico su tela di lino, 200 x 150 cm
  • Da Perugino, 2011-2012,acrilico su tela di lino, 200 x 150 cm
  • Da Mattia Preti, 2011-2012, acrilico su tela di lino, 200 x 150 cm
  • Da Botticelli, 2011-2012, acrilico su tela di lino, 200 x 100 cm
  • Da Guido Reni, 2011-2012, 2011-2012, acrilico su tela di lino, 200 x 130 cm
  • Da Mantegna, 2011-2012, acrilico su tela di lino, 200 x 130 cm
  • Da Antonello da Messina, 2011-2012, acrilico su tela di lino, 200 x 120 cm
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Maurizio Taioli

Maurizio Taioli (1959)

Studia a Verona e Venezia, dove si diploma all’Accademia di Belle Arti nel corso di Pittura, con Emilio Vedova.

Dalla prima metà degli anni ‘80 frequenta l’ambiente artistico milanese e nel ‘90 prende uno studio a Milano.

Dal ‘93 comincia una stretta collaborazione con la galleria Transepoca di Gian Carla Zanutti che durerà fino al 2002.

Nel 1995 viene selezionato da Luca Beatrice e inserito nel catalogo “Nuova Scena Italiana” edito da Mondadori.

Dal 2007 Franz Paludetto diventa il gallerista di riferimento, espone in mostre personali e collettive al centro d’arte contemporanea Castello di Rivara e nella galleria Franz Paludetto di Roma.

Nel 2008 espone a Verona con una personale alla galleria Byblos. Nel 2009espone con una grande istallazione alla Galleria “Per Mari e Monti” a Civitanova Marche.

Nel 2010 viene invitato in occasione del trentesimo anniversario di Deutsche Bank a Verona ad esporre con una mostra personale nella sede centrale.

Le sue opere sono presenti nelle seguenti collezioni: Barone Giorgio Franchetti, Roma – Franz Paludetto, Roma – Pio Francesca Gino Monti, Macerata Roma – Norman Regis, Milano – Grafiche Aurora, Verona – Thomas Nicolis, Verona.

 

 

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