Posted by on 13 luglio 2019

 
 
 


 

ph.©Ivano Mercanzin

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Dopo “Anima Latente”, ecco “Anima Manifesta”, performance di Silvana Sarti

Nel 2019, con un’immersione nelle boscaglie della periferia di Sao Paulo (Brasile), l’artista visiva e performer italo brasiliana Silvana Sarti, realizzò la performance “Anima Latente, allegoria dell’anima vegetale”. Gli scatti del fotografo Fabio Florentino sono stati esposti a Vicenza lo scorso maggio, registrando l’entusiasmo dei visitatori della mostra tenutasi in C.trà San Faustino, all’interno della Chiesa Metodista cittadina, subito richiesta per un evento alla corrente edizione della Biennale di Venezia e per una nuova e più completa esposizione nell’ambito delle tradizionali iniziative culturali agostane del monastero di Isola Vicentina (Vicenza).

Ma “Anima Latente” è stato solo il primo capitolo di una trilogia attraverso cui l’artista intende esplorare i legami tra vita fisica e spirituale presenti in ogni frammento delle nostre esistenze.

Il secondo capitolo è stato realizzato proprio a Vicenza, città amata dall’artista, e precisamente dal 5 al 6 luglio 2019. “Anima Manifesta, allegoria dell’anima selvaggia”, che parla del regno animale, cui anche noi umani facciamo parte, del binomio junghiano animus/anima che caratterizza l’identità profonda di ogni maschio e di ogni femmina, ma anche delle minoranze etniche, dei cosiddetti “selvaggi”, e in particolare dei nativi Brasiliani, patria dell’artista, gravemente minacciati dalle mire espansionistiche delle civiltà cosiddette “evolute”, moderne, tecnologiche, civilizzate, globalizzate e massificate. Nella performance l’artista ha ripercorso  simbolicamente il lungo itinerario che la prima cellula animale ha compiuto per diventare cellula umana. Un percorso non privo di fatiche, di conflitti, di emozionanti balzi evoluzionistici, di meraviglia, di fragilità, di paura, istintualità e compassione, di visioni e del buio sempre incombente della morte, ma mai così denso da oscurare completamente l’occhio dell’animus/anima intento a scrutare l’orizzonte esistenziale della vita: i cieli e i cieli dei cieli.

La performance, che ha avuto luogo tra le mura di un macello, asettiche, ordinate e ordinarie spettatrici dell’antico e sanguinoso conflitto tra la vita e la morte intrinseco al fatto stesso di esistere, prende le mosse da una vasca costruita apposta per l’evento, in cui il corpo dell’artista è stato immerso nel pigmento rosso Venezia. Piano piano, il corpo stesso, inizialmente ermafrodita, si è trasformato nello strumento di pittura con cui Silvana Sarti ha riprodotto, su un immenso pannello di carta steso a terra, le tracce del lungo cammino evoluzionistico del regno animale, dalle prime forme unicellulari all’essere umano. Quello di Silvana, come lei stessa sottolinea, è un corpo reale, senza ritocchi, artisticamente ermafrodita, con una sua storia viva e pulsante, un corpo dapprima dormiente, che ha assunto via via diverse forme, fino a quelle sublimi dell’arte classica, prese a prestito dalle sculture di Canova e Bernini e oltre.

L’azione, alla cui preparazione ha collaborato l’artista visiva Eva Dovigo, è stata ripresa dal fotografo Ivano Mercanzin, commentata da musiche originali di Giuseppe Laudanna e da testi di Francesco Bari, che ha collaborato con Silvana anche in Anima Latente. Tutti gli artisti che hanno affiancato Silvana, vivono e lavorano in Vicenza e provincia.

La performance è stata preceduta da un rito pubblico di provocazione, catarsi ed espiazione, che ha preparato  l’artista all’azione dentro il macello. La Sarti, cioè, si è sottoposta  a un antico rito pubblico del taglio dei capelli, e questo si è svolto nella cittadina Piazza dei Signori, Venerdì 5 luglio alle ore 19.00, in apertura delle tre notti bianche che hanno visto la città protagonista dal 5 al 7 luglio.

Nel Candomblé, religione brasiliana di matrice africana, il taglio dei capelli, è un rito che simboleggia il passaggio dalla notte al giorno, dalla morte alla vita, dal mondo materiale a quello spirituale; che incita chi lo vive ad allontanarsi dal mondo esteriore ed effimero, a perdere l’identità profana per rinascere nel mondo spirituale, ottenendo una nuova identità socio-cosmologica. Simboleggia, in particolare per i Kayapò, nativi dell’Amazzonia, anche la connessione con gli antenati e l’atto dello svegliarsi alla vita autentica, spirituale.

Nelle intenzioni dell’artista italo brasiliana, che ha studiato le tradizioni e le religioni primitive e animiste dell’Amazzonia, il taglio pubblico dei capelli secondo i canoni estetici tradizionali dei Kayapò, vuole trasmettere un messaggio di rispetto per il mondo degli antenati e l’idea che uomo e natura siano indivisibili, un tutt’uno fisico e sacro, costituito di elementi visibili e invisibili. Inoltre, pensando ai modelli di bellezza celebrati dai media in generale, con il taglio non convenzionale dei propri capelli, l’artista intende suscitare negli spettatori un reale senso di straniamento, come invito per soffermarsi a riflettere sui modelli di bellezza promossi dai mezzi di comunicazione di massa, modelli che accettiamo o inghiottiamo, cui veniamo inchiodati, letteralmente “crocifissi”, con la forza dell’opinione pubblica omogeneizzata, che ci dice e impone come dobbiamo apparire e addirittura essere. E’ quindi un invito a cercare in noi stessi, nelle quotidiane battaglie, nel perenne duello di morte e vita, la nostra bellezza vera, personale, profonda, spirituale, intramontabile e non soggetta ad alcun declino.

Partecipanti (componenti creatori)

Performer, creazione e realizzazione: Silvana Sarti

Produzione e oggetti scenici: Eva Dovigo.

Fotografo: Ivano Mercanzin.

Musica originale: Giuseppe Laudanna.

Testi: Francesco Bari.

 

Silvana Sarti vive e lavora a Sorocaba, Sao Paulo (Brasile), artista visiva e performer. Laureata in Disegno all’Università Santa Marcelina, Sao Paulo (Brasile); Lettere all’Università di Sorocaba (SP), Brasile. Diplomata in Pittura, restauro e conservazione al Centro Europeo per i Mestieri del Patrimonio, Thiene (VI). Ultimi lavori: Sangue del mio Sangue, performance; Anima Latente, allegoria dell’anima vegetale, fotoperformance. La sua poetica si compone di elementi del linguaggio mitologico, di quello del sacro, si pone l’obiettivo di far riflettere sui problemi del femminile, del rapporto tra esseri umani e dell’ambiente, delle minoranze in pericolo oggi nel suo paese.

Eva Dovigo, vive e lavora a Noventa Vicentina, maestra d’arte, ceramista. Diplomata in Pittura, restauro e conservazione al Centro Europeo per i Mestieri del Patrimonio, Thiene (VI) e diplomata in ceramica dal Istituto d’arte Antonio Corradini di Este (PD). Ha partecipato a importanti lavori di restauro di opere religiose e museali. Ha approfondito lo studio delle tecniche pittoriche partecipando a concorsi nazionali e internazionali d’arte con opere realizzate con diverse tecniche.

Ivano Mercanzin vive a Montecchio Maggiore (VI), studia disegno e pittura con il maestro Vincenzo Ursoleo, partecipa a concorsi di poesia ricevendo premi e menzioni. Dal 2011 la passione per la fotografia diventa il fulcro della sua attività. Osserva, filtra, cristallizza e come un alchimista le immagini fuoriescono prepotenti e invadono lo spazio librandosi negli anfratti della memoria. Venezia, Terra Madre, The Face(s) of NYC, Coney Island, Fornace Venini, 21 grammi, Boys don’t cry, Lio Piccolo sono alcuni dei suoi progetti.
Nel 2017-2018 partecipa al Masterclass Pro-Photographer di Paolo Marchetti, pluripremiato fotografo internazionale, per apprendere le tecniche del reportage.

Giuseppe Laudanna, nato ad Airola (BN), vive a Thiene (VI). Diploma in Musica Jazz al Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento. Diploma in Pianoforte presso il Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli. Numerose collaborazioni e concerti in particolare nel campo della musica Etno-World: Eugenio Bennato, Pietra Montecorvino, Marisa Sannia, Mimmo Epifani e altri. Ha partecipato alla realizzazione di diversi CD tra cui: Eugenio Bennato “mille e una notte fa”, “taranta power”, “la stanza dello scirocco” (colonna sonora del film con Giancarlo Giannini); Ha partecipato al film “Fondali Notturni” di Nino Russo con Massimo Ranieri e Ida De Benedetto e alla colonna sonora del film “Voglio stare sotto il letto” con Mario Scaccia, Rocco Papaleo, Giorgio Pasotti, Michelle Hunziker.

Francesco Bari, vive a Vicenza, sua città natale. Dopo il diploma all’Istituto Tecnico Agrario di Lonigo (VI), studia teologia e ottiene il Baccellierato in Teologia, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (Mi). Collabora con diverse riviste e progetti di comunicazione in ambito agroalimentare. Nel recente evento, presso L’Abbazia di Sant’Agostino, in Vicenza, intrecciando la musica jazz, il theater reading e la narrazione spontanea, ha restituito al pubblico un prezioso squarcio di storia della II Guerra Mondiale sulla traccia di alcune lettere paterne. Coltiva privatamente la passione per la composizione poetica. Ha collaborato al progetto Anima Latente, allegoria dell’anima selvaggia con gli artisti Silvana Sarti e Fabio Florentino.