Posted by on 20 novembre 2016

 
 
 

di Tania Piazza

Vorrei arrivare dall’alto, una volta. Calarmi dal cielo, come scendono gli uccelli. Ti danno l’impressione di toccare il suolo, quello stesso suolo sul quale cammini, e poi d’un tratto si allontanano in corsa, senza neppure sfiorarlo. E tornano lassù.

Vorrei arrivare dall’alto, cambiare la prospettiva del mio sguardo. Vedere le cose più piccole, per riportarle a una dimensione sopportabile.

La lontananza, poi, mi aiuterebbe a tenere il mio cuore distante; se i tuoi occhi non mettono a fuoco alla perfezione, allora lui ci si tuffa con più imprecisione. E magari, a volte, hai la fortuna che si sbagli, e atterri su qualcos’altro. Salvandoti.

Vorrei guardare in giù e sentirmi leggero, spogliato del peso che mi attacca a questa terra, della gravità che mi costringe a camminare con un punto fermo davanti al naso. Vorrei rompere i recinti, correre fuori, invertire la rotta, cambiare binario.

Anche le ombre posate sull’asfalto sarebbero diverse, strade segnate a matita, come improbabili suggerimenti. Vorrei arrivare dall’alto, una volta. E sorprendermi. Inventare nuovi linguaggi. Sentire il vento che mi trapassa. Farmi bucare dall’aria. Mettermi in linea con i rami degli alberi e unire puntini immaginati. E poi, una volta tornato a terra, avere piedi nuovi con cui camminare.

PH. IVANO MERCANZIN