Posted by on 5 agosto 2016

 
 
 

FRANCO GRIGNANI – Astrattismo fotografico di Paola Palmaroli 

La fotografia dopo una fase iniziale in cui ricercava la rappresentazione della realtà passò ad occuparsi dei segni, della luce in se stessa, della natura e dell’arte, della bellezza del corpo, giungendo a prendere in considerazione le forme astratte, avvicinandosi ad una forma di espressività capace di allontanarsi dalla realtà visibile.

La fotografia astratta aprì così i confini della rappresentazione oggettiva della realtà a nuove possibilità individuali del mezzo fotografico. I primi passi furono mossi dall’esperienza del Bauhaus e dai suoi rappresentanti, ricordiamo fra questi Moholy-Nagy, Feininger, Peterhans, Gropius.

Ricettivo e pronto ad assorbire tali cambiamenti in modo totale fu Franco Grignani (1908 – 1999 Milano), architetto e grafic-designer, fotografo nato nel 1908 a Pieve Porto Morone in provincia di Pavia. Nel 1926, iniziò una ricerca personale sul dinamismo e la rappresentazione del movimento con una serie di esperimenti, che, avvicinandolo alle idee del futurismo e del foto-dinamismo lo condurranno a riflettere sull’importanza della visione e della necessità del coinvolgimento dello spettatore nell’opera. Decisiva sarà per la sua formazione la collaborazione con Pippo Oriani dal 1929 al 1934. Grignani stesso ricorda: “le teorie del futurismo mi erano così congenite che ancor prima di leggere il Dinamismo plastico di Boccioni ogni qualvolta che la mia matita disegnava produceva linee di forza o serie di curve ovalizzate in un dinamismo compenetrato”.

Grignani fu un ricercatore visivo ed il ruolo che la fotografia svolge in questo suo percorso fu importantissimo e determinante. Egli era convinto che la fotografia ed i processi ad essa collegati permettessero di vedere oltre quello che l’occhio umano può indagare. Raccontava: “Io cerco ciò che non esiste, quello che è al di là del reale. L’occhio umano ha dei limiti, ad un certo punto non va oltre. Anche il nostro occhio è tarato. La velocità dunque obbliga la mente ad intervenire per supplire alle difficoltà, alle incertezze del nostro occhio. Così io altero la prospettiva, cerco forme impossibili, entro nel labirinto delle distorsioni”.

Per Grignani l’immagine divenne un punto di partenza, lo spazio necessario per incontrare altri spazi, servendosi del mosso e del flou, di sovrapposizioni per andare oltre la realtà delle cose, per penetrarle in una dimensione diversa, per allargarne il significato. Nelle sue fotografie un semplice punto diventa una scia e per approfondire il principio della dinamica della percezione, dal taxi riprende le strade e i grattacieli di New York. Le foto sono mosse ma lui dice: “hanno ugualmente un significato razionale. Il tempo della realtà mi ha dato il tempo dell’idea, un altro reale”. Egli definì sub-percezione «il recupero contemporaneo dello spazio visivo totale, la capacità di vedere oltre, di saper analizzare tutti i fenomeni emozionali al proporsi di un’immagine. Dalla visione plurima alle distorsioni, ai giochi geometrici, al fuoco e allo sfocato, alle superfici riflettenti, tutte le opere di Grignani ci propongono una realtà diversa da quella normale, ci immettono in una sorta di corto circuito della percezione che produce ansietà e tensione. Una tensione sensoriale che trascende l’oggettività, “una fuga che sembra irrazionale e che comunque è mossa da un vento folle, fresco e solare che a sua volta corre, insegue altre immagini”. Un vortice di attesa e inquietudine che sollecita lo sguardo e lo conduce: “Il continuo esercizio mi ha sensibilizzato l’occhio” dirà a proposito delle sue opere e la sua è stata una vicenda culturale lunga e complessa nella quale la fotografia ha avuto un’influenza importantissima.

Creerà fotografie sperimentali realizzate per sollecitare l’intuito e la percezione, per portarci a trasformare la realtà in visione creativa. Purtroppo attualmente siamo lontani da quello spirito di ricerca che ha attraversato tutto il Novecento, da quel senso di meraviglia che si prova nel guardare le immagini astratte perchè trova la sua ragion d’essere nel fatto che non conosciamo la causa interiore che ha portato l’autore a realizzare quell’immagine in particolare, facendoci immaginare, riflettere, pensare, sviscerare, analizzare un’idea. Il fascino dell’uomo che sente la necessità della ricerca è travolgente, sopratutto quando trova nuove forme per esprimere l’indicibile che è connaturato nella parola e l’invisibile che è sotteso nello sguardo, perché il senso dell’immagine è pura energia psichica dell’inconscio.

La fotografia astratta per alcuni è solo un perfetto esercizio estetico che affina il proprio gusto e che si regge su delle relazioni perfette tra le forme, il chiaro/scuro e i colori nel caso ci siano, basta poco per far scadere il valore stesso dell’immagine, anche un dettaglio, una piccola modifica. L’eredità di Franco Grignani è tale da non dover essere ne dispersa ne dimenticata, un valore aggiunto per la fotografia astratta che le sue opere contengono e comunicano stimolando il nostro senso estetico ed una riflessione profonda sul rapporto tra realtà, pensiero, idea, segno, fotografia.

La vicenda professionale di Grignani tra il dopoguerra e gli anni 70 lo vedrà immerso nella comunicazione editoriale, pubblicitaria e grafica. Usò le fotografie dei suoi collaboratori e spesso anche le sue immagini ‘astratte’ per trasmettere concetti privi di evidenza documentativa. Ad esempio l’ azione dei farmaci, i valori della stampa tipografica, la bellezza delle gamme cromatiche di una vernice.. ecc. La qualità complessiva dei suoi messaggi visivi ‘ applicati’ alla pubblicità è da riproporre e studiare. dimenticata. Mise da parte l’attività pubblicitaria quando scelse la pittura ‘artistica’. Le sue originali elaborazioni, fatte a pennello in unico esemplare pur essendo vicine alle sue ‘distorsioni’ ottiche ) non potevano essere assimilabili alle immagini seriali, moltiplicabili, come quelle di origine fotografica. I galleristi, i musei,gli stessi suoi nuovi clienti-collezionisti lo obbligarono verso la nuova esclusiva produzione da cavalletto. Le fotografie di Franco Grignani sono e restano inconfondibili metafore di una struggente stagione sperimentale della cultura visiva in Italia.

Alcuni punti importanti della sua ricerca e sperimentazione ci portano indietro nel tempo al 1928 quando Grignani realizzò i primi fotogrammi , tecnica che non impara da Man Ray né da Moholy-Nagy ma da un operatore di laboratorio che vuole mostrare uno “scherzo” della luce su una forbice posata su carta fotografica. Negli anni trenta la sua ricerca astratta si concentrò sulle potenzialità di carattere ottico e compositivo e si indirizzò verso lo studio della percezione facendogli attraversare la psicologia della forma e giungendo ad una rappresentazione ideale e non riconoscibile dell’oggetto fotografato, una sorta di immersione dello sguardo nella sua profondità per ricreare e ribaltare la visione. Per esempio egli parte da punti di vista estremi che ne ribaltano la prospettiva e, descrive i suoi innumerevoli esperimenti, coniando termini nuovi che ci aiutano a seguirlo e a comprendere la ragione della sua ricerca nella quale la fotografia è strumento di confine tra la realtà e l’immaginazione. Fa suo il concetto poetico e creativo di ambiguità, intesa come polivalenza di tutte le infinite interpretazioni che attraverso la percezione danno significato delle immagini, quasi a farci sentire la loro qualità materica, la loro sostanza e concentra il suo interesse sulle strutture e le diagonali nascoste e nel campo della messa a fuoco.

Della sua immensa produzione fanno parte anche molti studi che hanno come soggetto il volto, immagini che hanno una forte componente simbolica come la rappresentazione del doppio. Tema questo che lo porterà verso analisi psicologiche e alla certezza di come l’arte possa essere considerata una chiave di lettura dell’animo umano, alla cui fonte ogni individuo può  attingere anche per comprendere qualcosa in più̀ di sé. Non a caso la presa di coscienza del proprio doppio passa attraverso la comprensione dell’ io più profondo in psicoanalisi come nelle opere artistiche che trattano tale tema. Interessantissimo è nelle sue immagini lo slittamento di righe-ombra proiettate su un viso di donna, come pure le forme che si confondono, mutando la visione iniziale e la conducono verso l’oltre che l’invasione della luce produce sulla carta fotografica. Un pretesto questo per analizzare tutti i fenomeni emozionali che emergono al proporsi di un’immagine.Grandissimo fu il contributo di Grignani al rinnovamento nella grafica pubblicitaria nella quale usò immagini foto-tipografiche.

In tutta la sua attività la sperimentazione era metodologia pura ed infatti disse di sé  “Non ero un artista chiuso…ma effettivamente partecipe dei processi evolutivi dei mass-media, creando e proponendo un nuovo concetto attivo del fare artistico”. Un continuo procedere, una ricerca instancabile che ci racconta una riflessione sulla vita dell’uomo, scolpita dalla memoria, composta di immagini dalle mille sfaccettature, distorsioni, riflessioni.

Lo scopo di una fotografia non è forse quello di evocare, di allacciare un’intesa complice, un rapporto di condivisione tra autore e fruitore, una navigazione emozionale per potenziare la propria realtà individuale? Franco Grignani con le sue fotografie uscì dai soliti schemi, andò oltre la realtà per liberare la sua e la nostra immaginazione per esprimere una nuova capacità di pensiero immaginifica volta a rendere il reale pensiero astratto e l’astrazione non un mero esercizio di forma ma di contenuti, pensando alla fotografia come fosse lo strumento migliore per andare oltre la realtà visibile.

Tutto questo Franco Grignani ha ottenuto nelle sue opere e ci tramanda ancora oggi attraverso il suo pensiero ed il suo lavoro, ogni sua fotografia ci parla di un tempo in cui la mente umana si metteva in discussione e sperimentava, creava, curiosa e pronta all’evoluzione costante e continua di quella capacità che definiamo pensiero e che le emozioni rendono una corrente continua capace di superare il limite dello spazio tempo in cui siamo immersi anima e corpo.

 

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