Posted by on 31 agosto 2014

 
 
 

Miserie d’amore. Non è la carne che vien trafitta.

Alessandro Cocca,

lascia nel suo percorso briciole di emozioni che noi raccogliamo per ritrovare il nostro percorso, la nostra dimora, il nostro “noi stessi”.

Lo fa con lame taglienti, chiaroscuri che pesano, immagini senza attenuanti, senza giravolte illusorie, sono urla lancinanti nella loro silenziosità, nella loro immobilità. Non sono messaggi in bottiglia lasciati cullare dalle onde del mare, ma messaggi in bottiglie Molotov pronte ad esploderti in mano devastando le tue sicurezze.

Una donna su un giaciglio di ferro, nudo senza orpelli, ti immagini la pelle nel freddo e pungente fondo che lascia segni che forse essa stessa vuole sentire per provare un accenno di vita.

Il taglio obliquo a rafforzarne la tensione e costringere noi osservatori a movimenti del corpo per metterne a fuoco la scena e con l’ansia che sale.

Il volto oscurato, invisibile, forse deformato dalla tensione del vivere,

una mano in primo piano quasi incredula nel non riuscire a sollevare il resto del corpo che rifiuta ogni sforzo, che non desidera farcela, pesante, come zavorra, ancorata, ogni sforzo è supplizio, rimane a terra…confortata dal desiderio di immobilità, incatenata dalla sue stesse paure e …..”non e’ la carne che viene trafitta.”

Pezzi di vetro sulla cornice e come scriveva un sommo poeta:

“….sentire con triste meraviglia

com’è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”

(Ivano Mercanzin)

 Ma va la’ che gli vengono a caso non sa nemmeno lui come…..Il Cocca va minimizzato, come un guscio di noce piccolo piccolo, pieno di pellicine, resti e ossa taglienti, un puntino fra le onde, altrimenti si fa indigestione e si finisce in ospedale.

” Signora che passa ? Mal di pancia ? “

” Ho mangiato Cocca a tutte le ore, bocconi amari, dolci, ho masticato in fretta, ingollato…..quasi mi strangolavo “

” Signora….c’ è una sola cosa da fare….per il suo bene….”

” Nooooo…..la peretta nooooooo “

Morale della favola:

Noi poveri umani, abituati a mangiare in bianco tutto l’ anno, giunta la Pentecoste del fratello Cocca ci abbuffiamo delle sue pietanze mistiche per sfamare le nostre panze vuote!

Viva la resurrezione….COCCA SEI LA NOSTRA PASQUA BENEDETTA.

(Vanessa Cavenaghi)

 

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