Posted by on 20 agosto 2014

 
 
 

intervista di Alessia Glaviano 

per  Vogue Italia

Marco Glaviano (Palermo, 1942), grande fotografo siciliano di base tra Milano e New York, che lungo alcuni decenni di carriera internazionale – specie negli Stati Uniti – ha attraversato da protagonista diverse forme espressive confrontandosi con il ritratto, la moda, l’ambito pubblicitario e il paesaggio. Glaviano ha pubblicato diversi volumi e sue opere sono state acquisite da musei e collezioni private in tutto il mondo.

Le sue immagini hanno rappresentato le donne mito degli anni Ottanta edonisti e esagerati, – supermodels quali Cindy Crawford, Carol Alt, Eva Herzigowa e Paulina Porizkova, la cui leggenda Glaviano ha contribuito a creare -, e il jazz – passione di sempre del fotografo che fin dall’adolescenza ha suonato batteria e xilofono in gruppi amatoriali e di ricerca -, presente con i ritratti ieratici di jazzisti leggendari, come Chet Baker, Sonny Rollins e Dizzy Gillespie, scatti memorabili che nel tempo hanno fatto la storia. 

Al fotografo, a mio padre, devo la grande passione che ho ereditato per la fotografia e l’entusiasmo che ha saputo comunicarmi per questa arte, cui ha dedicato tutto se stesso. In occasione della mostra palermitana del 2013 gli ho quindi rivolto qualche domanda.

Come hai iniziato? Cosa ti ha ispirato e come è successo?
“Ho iniziato a fare foto a 5 anni, avevo uno zio nel cinema che mi regalò la mia prima macchina fotografica, poi ho fatto tante cose diverse ed interessanti, scenografia di teatro, grafica un po’ di pittura e sopratutto il Jazz, poi molto tardi – avevo già 26 anni – ho deciso che l’unico modo di avere una ragazza era fare il fotografo, non ci riuscivo neanche con la musica”.

Dove e cosa hai studiato? 
“Prima ingegneria, un disastro… Poi architettura all’università di Palermo”.

Quali sono stati i tuoi maestri, i tuoi riferimenti fotografici e artistici?
“Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di artisti, quello che mi ha più influenzato è stato lo zio Gino Severini, il grande pittore futurista, veniva d’estate in Sicilia e passavo ore a guardarlo dipingere e vivere molto semplicemente, da artista”.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?
“La bellezza”.

Quale delle altre arti ti ispira di più? Teatro cinema, letteratura..esempi?
“L’architettura è la più grande delle arti perché le comprende tutte, e naturalmente la musica”.

Hai delle ossessioni?
“Di essere sempre stato il numero 2, mi secca, c’è ne è sempre uno più bravo di me”.

Quanto è importante la post produzione nel tuo lavoro?
“La post produzione è sempre esistita, prima si chiamava camera oscura”.

Cosa pensi dei ritocchi?
“Anche i ritocchi sono sempre esistiti, prima erano più difficili e molto più cari, se lo potevano permettere solo i fotografi di successo, ora lo fanno tutti e piuttosto male con poche eccezioni. Ricordo in particolare di avere cercato, invano, da giovane aspirante fotografo, di fare una foto ispirata al grande Avedon con delle fantastiche ombre sotto gli zigomi. 30 anni dopo ho conosciuto il ritoccatore”.

Cosa credi che faccia risaltare una foto piuttosto che un’altra?
“Il punto di vista, vediamo tutti le stesse cose, pochi lo vedono in un modo diverso ed originale, se non ti ricordi un’immagine vuol dire che era meglio non farla, io me ne ricordo abbastanza poche”.

You take or make a picture?
“I am not a photo reporter I make pictures”.

Qual è il ruolo della bellezza nelle tue immagini?
“È tutto, e vorrei aggiungere che a differenza di quello che dicono in molti, la bellezza non è soggettiva”.

Qual è la differenza nel tuo approccio ai diversi soggetti che hai fotografato:  donne – uomini – architetture?
“L’approccio è assolutamente lo stesso, anche i paesaggi hanno una personalità”.

Cosa ti affascina in una donna?
“La personalità ed il carattere”.

Credi che la bellezza femminile abbia un’età? E Quella maschile?
“Non ho mai creduto che avesse un’età, la bellezza è un valore universale e non è monopolio della povera razza umana”.

Chi ancora vorresti fotografare?
“Animali, possibilmente selvaggi”.

Cosa pensi delle immagini fatte con gli smartphone?
“Non è un’idea originale, la merda di artista l’aveva già inventata Piero Manzoni negli anni ’60”.

A cosa stai lavorando oggi?
“Sommerso da miliardi di foto fatte con i telefonini mi sono rifugiato nel trasformare le mie foto cosiddette “Iconiche” in tre dimensioni. Anche questo sarà presto alla portata di tutti con le nuove stampanti 3D di prossima commercializzazione, in ogni caso mi è sempre piaciuto fare le cose nuove prima degli altri, per non parlare del piacere di dare dei bei colpi di scalpello ad un materiale nobile come il marmo, è bello fare ancora qualcosa con le mani. Il progetto è nato in collaborazione con il mio amico Gualtiero Vanelli di Carrara, che ha messo a mia disposizione le sue importanti capacità di produzione ed i famosi Marmi Statuari di Carrara. Vorrei recuperare l’importanza del lavoro artigianale nella fotografia che purtroppo stà scomparendo ucciso dalla tecnologia”.

(maggio 2013)

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