Posted by on 19 maggio 2016

 
 
 

Alla CASA DEI TRE OCI a Venezia mostra di Helmut Newton  fino al 07.08.16

HELMUT NEWTON di Rossana Ottofaro

Penso che una fotografia non richieda nessuna spiegazione, per favore andiamo avanti con lo spettacolo…

Con queste parole Helmut Newton, fotografo, risponde a chiunque gli chieda un’interpretazione delle sue opere nel tentativo di etichettare la sua fotografia. Qualsiasi altra risposta darebbe luogo ad una volgarizzazione e semplificazione della sua opera.

La sua fotografia, come tutta l’arte che si possa fregiare di tale titolo, è una percezione inafferrabile e intuitiva, si esprime senza nessuna finalità. La si contempla senza definirla, perché è in grado di suscitare emozioni diverse in chi ne fruisce. Sicuramente l’arte di Helmut Newton è in grado di ispirare commozione ed eccitazione. Grazie ad una libertà di ispirazione senza confini che attinge alla fantasia e al desiderio, Newton libera l’inconscio dello spettatore, che diventa parte del sogno e della poesia evocativa narrata nelle storie, che si dipanano tra sguardi bramosi e i corpi oggetti di desiderio. E’ il fascino segreto della “ beautiful people ” ad occupare la scena, ritratta senza veli, rivelandone i desideri e le pulsioni più segrete, sottraendola ad inutili pudori e armandola di sottile ironia.

Helmut Newton, nato negli anni ’20 a Berlino, capitale dell’avanguardia culturale, appartiene alla storia della cultura figurativa del mondo europeo. Le sue fotografie sono popolate di riferimenti che spaziano dalla storia della pittura, alla cinematografia e alla letteratura.

Proveniente da una famiglia ebrea dell’alta borghesia tedesca, fin da adolescente viene attratto dalla diversità e dalla libertà di costumi della Berlino più innovativa.

In giovanissima età inizia a lavorare come apprendista presso lo studio di Else Ernestine Neulander, conosciuta come Yva, famosa fotografa di moda uccisa dai nazisti nel 1942. Nel 1938 è costretto ad espatriare dalla Germania a causa della persecuzione antisemita. Si rifugia a Singapore, viaggia nelle colonie britanniche fino al 1942, anno in cui si arruola con le forze australiane e rimane al fronte per ben cinque anni. Dopo la guerra si trasferisce a Parigi e diventa freelance. In seguito, divenuto ormai cittadino cosmopolita, vive agiatamente tra Los Angeles e Montecarlo, attratto dal lusso della borghesia e dalla sua caducità, che ritrae come un osservatore disincantato.

Creativo e visionario, Newton immagina storie impossibili o perverse, nelle quali la donna è ritratta spesso nuda, in atteggiamenti ambigui e sadomasochistici.

Accusato di voyerismo e maschilismo, Newton risponde all’inquietudine e alle contraddizioni di una femminilità moderna, non ancora risolta tra il ruolo tradizionale assegnato alla donna da una società maschilista, e il desiderio di emancipazione ed autonomia. Cavalcando l’onda liberatoria degli anni Sessanta, grazie ad una giusta combinazione di disinvoltura ed eleganza, inventa una nuova icona femminile, padrona della propria sessualità, non più inseparabilmente legata alla maternità, lontana dall’essere un oggetto sessuale, dominato da un macho misogino. Per questo l’opera di Newton è stata scioccante. Le sue ambientazioni hanno come tema la scoperta di un nuovo tipo di libertà e le conseguenti fantasie che esse generano. La donna diventa protagonista, dominatrice, seducente al punto da incutere soggezione, indipendente e capace di vivere in un “Mondo senza uomini“, come recita appunto il titolo di un libro di Newton.

Newton raggiunge la notorietà come fotografo di moda negli anni 80, grazie al coraggio di alcuni redattori come Anna Wintour, direttrice di Vogue America e Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia che in lui scorgono un magistrale creatore di immagini, che rivoluzioneranno la fotografia di moda. Newton  si libera dai codici delle riviste ed eleva la foto di moda a status d’opera d’arte.

Introduce per primo il nudo e l’erotismo nella moda. La nudità diventa un messaggio di verità. Il fotografo è ora libero di rivelare una nuova trasparenza. Svincolato dalle convenzioni morali, dai conformismi e dalle ipocrisie, dominato dal fascino della bellezza ed ispirato dall’arte, in particolar modo da Francisco Goya, immortala bellezze dal fascino statuario, nudi a figura intera, che verranno esposti nei musei di tutto il mondo a grandezza naturale.

Le donne di Newton sono astratte, fredde. Più le sue eroine chic si svestono, più divengono irraggiungibili. E’ il suo modo di lasciarsi alle spalle il sentimento e il romanticismo che hanno pervaso la ritrattistica femminile fino ad allora. Il corpo delle donne da lui ritratto è misterioso e fa scaturire il desiderio di scoprire mondi sconosciuti.

Sovverte la fotografia di moda che da pura illustrazione diventa un’idea da mettere in scena. E’ tra i primi ad utilizzare set esterni per ambientare le proprie foto, creando immagini originali e curandone i dettagli con raffinato istinto per la bellezza. Newton realizza set dal gusto decadentista in cui mette in scena il dissidio tra il desiderio di rispettabilità, tipicamente borghese, e la voglia di abbandonarsi ad ogni esperienza estetica, che poco ha a che vedere con la rispettabilità.

Sceglie delle modelle capaci di dare vita ad una narrazione visiva senza tempo. Le sue foto descrivono un attimo irripetibile.

Il suo rapporto con la moda è biunivoco; si avvale di essa come pretesto per realizzare delle foto molto personali, e la moda grazie a lui riesce ad acquisire caratteristiche proprie e a distinguersi dalla ritrattistica. Involontariamente diventa uno studio sociale sul cambiamento della mentalità femminile.

Newton ama intrecciare i generi fotografici e passa con estrema naturalezza dalla moda, al nudo e infine al ritratto. Lo fotografia fa parte di una messa in scena che stimola l’osservatore a riappropriarsi delle proprie emozioni. In questo senso Newton non disdegna l’uso dell’ironia, a volte al limite del grottesco, e l’uso della violenza.

Immortala Andy Warhol come una Madonna fotografata in un quadro rinascimentale, realizza un autoscatto nel quale indossa tacchi a spillo, crea reportage da scena del crimine, inscena la morte dei soggetti fotografati in un gioco di rimandi tra eros e thanatos, sfoggia busti ortopedici, indossati da donne che ricordano manichini. Inscena una narrazione carica di ideologie, un viaggio interiore, una rivelazione della bellezza e del dramma del fotografo, che trasferisce le sue emozioni sulla pellicola. Gli scatti di Newton sono sempre autobiografici, tutto quello che vi si vede fa parte della sua vita.

La sua foto preferita lo ritrae nello studio di Vogue a Parigi, intento a fotografare la sua modella preferita, assieme alla moglie June Brunnel, che lo osserva divertita.

L’arte tradizionale ha esaurito la sua originalità, poiché è rimasta legata al preconcetto classico del buon gusto, che impedisce che essa sia straordinaria e un’esperienza unica ed irripetibile. Il buon gusto esige di imporsi dei limiti, che Newton vuole varcare nel tentativo di descrivere la vita, il divertimento, il bello. All’origine di questa nuova mitologia erotica di Newton vi è sicuramente l’esigenza di idealizzare la vita, che lo aveva profondamente segnato nel suo passato. Le sue immagini non sono mai spontanee perché egli non è interessato alla realtà, ma alla costruzione di sogni che si materializzano nell’immagine fotografica. Si avvale del bianco e nero per conferire maggior astrazione all’immagine e quando scatta a colori, ricerca volutamente una grana non troppo fine, per rendere le foto meno perfette e verosimili. Con la sua reflex a pellicola 6x 6, che continua ad usare per tutta la vita, crea un filone stilistico che diviene fonte di ispirazione per generazioni di fotografi. Il suo stile, come egli stesso dice, è caratterizzato dal desiderio di scoprire, dalla voglia di emozionare e dal gusto di catturare. La composizione è sempre elaborata, la luce è netta, fortemente contrastata, ed è sempre presente una ponderatezza delle forme che ha il sapore della classicità. I suoi scenari comprendono paesaggi naturali, oggetti, architetture, paesaggi urbani spesso aree di tipo industriale dismesse, scenari notturni illuminati con luce flash per evitare di perdere i colori dell’outfit, interni di case lussuose nelle quali vi è un continuo gioco di specchi e sguardi nel quale risiede l’opportunità di identificarsi.

Anche quando realizza ritratti, questi non sono mai banali perché Newton ricerca sempre immagini originali e di forte impatto visivo. Scarta le tradizionali pose di tre quarti e sceglie quella frontale, accentuando la forza del personaggio ritratto ed proiettandolo verso l’osservatore.

La messa in scena teatrale di Newton gli permette di creare immagini in cui lo sguardo diventa dissacrante, ma proprio per questo più vero e reale, uno sguardo che mette a nudo le debolezze dell’uomo e la sua costitutiva ambiguità.

La sua pare essere una ricerca esasperata derivante da un intimo bisogno di colmare la sua incapacità psicologica di vivere un’esperienza erotica piena. Da qui il suo esplicito voyerismo e feticismo. La sua alienazione diviene interprete dei valori che hanno contraddistinto il ‘900, come l’estetica, il consumismo, il raggiungimento del successo e del potere. La sua stessa vita ne è dimostrazione. Newton ha vissuto la difficoltà della guerra e della povertà, la ricerca della fama, la ricchezza e l’affermazione della fotografia come nuova forma d’arte. La sua grandezza sta nell’averlo fatto con totale sincerità, fotografando la moda, la femminilità e l’eros, sempre mescolando bellezza e disincanto con sensualità e ironia, lasciandoci un’eredità formale prestigiosa, raffinata ed elegante. Un grande esteta che ha elevato la bellezza e la qualità grafica della foto alla pari importanza del contenuto da trasmettere.

Helmut Newton muore nel 2004 in seguito ad incidente stradale sulla sua Jeep Cadillac, schiantandosi sul muro del famoso Chateau Marmont, l’hotel sul Sunset Boulevard che era stato per anni la sua residenza quando abitava in California, a Los Angeles. Ironia della sorte, egli muore nella stessa strada che aveva scelto per ambientare alcune sue foto, come se fosse in un suo set fotografico, protagonista unico ed assoluto della sua ultima foto. È vissuto da star e se ne è andato da star.

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